domenica 17 gennaio 2010

I PUNTI FERMI



Sopra Vittorio Veneto c’è una montagna che si chiama Pizzòc. Mio padre aveva là un pezzo di terreno: erba alta, felci, sassi, roccia… fragoline, stelle alpine, crotus… viperette…insomma, montagna.
D’inverno, con la neve è un incanto, d’estate… tutto un gioco.

* Accade, molto raramente ma accade…
Ricordo una primavera, una distesa di crotus. Un manto di velluto verde incastonato di viola, azzurri, gialli, tutte quelle testoline accese, ritte e immobili per regalarmi tale visione.

Oppure i lamponi o le fragole, ma quelle piccoline, vere, profumatissime e gustose. Certo, sempre con quell’ossessione della vipera sotto il sasso… ma la voglia di fragole vince.
E così, mi siedo, basta allungare il braccio, e raccogliere quanto voglio.
Un giorno ho pensato anche agli altri... così ho riempito un bel bicchiere di fragoline per portarle a mamma… poi il sentiero era accidentato e le fragoline zumpavano dicono i miei figli, le stavo perdendo così, piccolo sacrificio, mi sono fermata e… me le son mangiate tutte! almeno non le avevo raccolte invano…

* Accade, molto raramente ma accade…
Mi inoltro nel sentiero, esco dal bosco e continuo in questa montagna aperta tra sterpi e rocce, tra muretti di sassi posti a segnare i confini, oggi innocui e non più contesi, di poderi e proprietà… cammino sotto il sole e il cielo azzurro.
Spunto sul “davanti” del monte, ossia dalla parte che dà sulla vallata: Vittorio Veneto, Conegliano, il mio paese, tanti paesini, tanti campanili, i fiumi. Mi giunge anche il suono di qualche campana e questo mi fa avvertire il quotidiano, il presente di questo momento.

Accade… guardo diritto davanti a me, in fondo e ho davanti… Venezia.
Sì! Venezia! E, siccome oggi accade fino in fondo… individuo nitidamente: il Canal Grande, Piazza San Marco, il campanile, l’isola di San Giorgio…e la città.
L’Adriatico, le isole, la laguna, i sestieri.. ecco la Giudecca!… sposto lo sguardo: Marghera e i suoi vapori…Mestre… la campagna veneta. Che potenza! Che emozione!
Ma va!... sono circa cento chilometri!

Ti dico di sì.

Adesso immagina tu e… senti… senti ciò che sento io… che cosa ti attraversa davanti a tale visione.
Mi dico solo: questa è la vista che io voglio per me stessa e per tutte la cose del mondo, sempre.

* Accade, molto raramente, ma accade…
La sera del cinque gennaio, nella campagna veneta, è la sera del panevìn.
Arrivano i Re Magi, vengono ad onorare Dio tra gli uomini, portano regali da re a Gesù Bambino, anzi... ai Gesù Bambini. Bisogna indicare loro la strada… le strade! Ed ecco, nel cortile di ogni casa di campagna, al panevìn.

La tassa de fasine, quele che vèn scharpì le vide... qualche covertòn vecio… e la campagna s’illumina di mille e uno falò, e tutti atòno a cantar panevìn e a magnar la pìnza. È gennaio, se t’avvicini troppo ti scotti, se t’allontani senti freddo e così sta danza vicino – lontano, mentre le donne fanno le previsioni sull’anno che verrà in base a come vanno le faville… le moneghe. Si canta, si prega.

Accade… ti trovi non nella campagna, ma lassù, sul Pizzòc o sopra Vittorio Veneto e guardi la vallata… la vedi?
Vedi i mille e uno falò accendersi in tutto quel buio? Sembra un tracciato, una trama, una costellazione. S’è ribaltato il cielo! E le stelle brillano, s’accendono, s’alimentano, guizzano, s’espandono al canto del cuore degli uomini… qui!… sulla Terra!

Vedi? Senti? Senti!… ecco, una scossa ti attraversa la schiena… oh, la vita!
Mi dico solo: in ogni mio buio anche il più profondo buio… ho sempre sentito e sento le stelle e il canto degli uomini, delle donne, dei bambini.

* Oggi… oggi è un incanto. Sta accadendo!

Sono qui, appena sopra questo paesino del Tirreno. Plano, sì, questa strada che mi conduce in alto mi regala visioni: il mare, l’azzurro che si espande sempre più davanti a me.
Sento la forza di questa immensa distesa d’acqua, dei suoi colori, del suo suono silenzioso e possente, il brivido della sua profondità e vastità.

La forza della sua sicura e gratuita presenza nei miei giorni e, là in fondo… precisato all’orizzonte da un filo di fumo, lo Stromboli.
Vicine le isole: Panarea, Vulcano… Lipari…
Sposto lo sguardo più giù: un cono, l’Etna e la sua neve, il suo adagiarsi sulla Sicilia.
Ma va!

Vieni! Guarda! meglio… osserva, ammira, contempla… senti… il profumo delle zagare, la brezza tiepida, senti… l’emozione…

Oh, la vita! Vale la pena viverla!


Sono occasioni… accade… non puoi programmare questi eventi. Accade a te, a me che, chissà perché, oggi mi trovo qui. È il momento, il presente. Potevo essere da tutt’altra parte. Oggi sono qui.

Ecco: prender la vita così, ovvero è la vita che ti prende... tu assecondi una serie di coincidenze. Lasci fare agli eventi o... al meglio di te stesso che t’ha organizzato questo palcoscenico?
Questa visione? Che, oggi, ti chiama a contemplare tali bellezze?

Lascio fare… e la vita mi riempie di luce.

Emma

17 aprile 2009

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